Draghi’s 3 Words

Ci siamo. Draghi ha detto quelle fatidiche tre parole che, dirette alla moneta unica, possono rappresentare un estremo – ma deciso – grido d’amore per un figlio piuttosto sfortunato. Il governatore della Banca Centrale Europea ha stupito il mercato esprimendo la sua volontà di fare tutto quello che è necessario per mantenere l’area euro stabile: nella fattispecie, “within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough”. Per chi aveva dubbi, non rimane altro che attendere il prossimo meeting della BCE per vedere più “walk the talk”. Ma i presupposti sono stati già messi sul tavolo. L’uomo che ha il pallino in mano è lui in questo momento.

La reazione positiva dei mercati non si è fatta attendere: l’Eurostoxx 50 sale di oltre quattro punti, il FTSE MIB e l’IBEX sono oltre il 5% e gli spread stringono tra i 45 e i 50 basis point. La Spagna è tornata sotto il 7% e l’Italia può chiudere la giornata sotto il 6%. Ovviamente, anche l’euro si è mosso, riportandosi brevemente sopra quota 1.23 e registrando un guadagno intraday di oltre l’1% contro il dollaro americano. L’effetto sorpresa è servito ad alleggerire un po’ la pressione, a dimostrazione del fatto che in questa fase gli investitori sono molto (troppo) sensibili alle sollecitazioni dialettiche rispetto all’andamento dei fondamentali. In questo senso, però, le parole di Draghi sono interessanti anche nella loro sostanza.

Innanzitutto, è finalmente stato riconosciuto che l’andamento degli spread sta alterando il corretto funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. È un tema importante, perché se non compreso inficerebbe totalmente qualsiasi soluzione alla crisi. Inoltre, un’affermazione del genere non sarebbe stata possibile se all’interno del Governing Council non ci fosse un preventivo consenso sulle linee tematiche di fondo da condividere con il pubblico. Siamo quindi veramente vicini alla real action, che porterà allo short-covering di molte posizioni ribassiste.

Tuttavia, cosa potrebbe fare in pratica la BCE? Innanzitutto avrebbe la possibilità di concedere la licenza bancaria al fondo salva-stati. Una leva adeguata moltiplicherebbe la potenza di fuoco dell’ESM a quasi 5mila miliardi di euro, permettendo quindi di presentare al mercato quel famigerato bazooka che finora è mancato sul Vecchio Continente (e, se la comunicazione e la strutturazione sono sufficientemente efficaci, non credo sia nemmeno necessario che venga effettivamente utilizzato). È un modo per fare Quantitative Easing o “stampaggio” di moneta senza che sia la BCE stessa a farlo sul mercato. Un’idea elegante per implementare quelle tre famigerate parole: whatever it takes.

Come dicono alcuni analisti, però, la ratifica dell’ESM non è ancora stata portata a termine. Ciò detto, la BCE potrebbe comunque agire con una strutturazione – stile-bridge loan – per prendere tempo fintanto che il fondo salva-stati non è stato approvato definitivamente. Il Securities Market Programme, per esempio, è un ottimo candidato a questo ruolo di “ponte”. E per evitare che questa operazione (inflativa) diventi una sorta di free lunch per i politici europei, l’azione del fondo sarebbe condizionata a rigide road-map in tema di ulteriori riforme strutturali per tutti i paesi coinvolti (deflative). Aspetti che l’elettorato probabilmente ora non riuscirebbe a metabolizzare velocemente…ed ecco quindi ritornare il “meme” del golpe tecnocratico…ma tant’è…l’importante è attivare presto una put-option!

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