Tre parole…per evitare di affogare

Ci domandavamo l’altro giorno come fosse possibile che i mercati si stessero comportando in modo così divergente – tassi in calo sul core e mercati azionari in rialzo. Ora scopriamo che, venuta a mancare l’adeguata riserva di “ossigeno”, l’equity sta ripercorrendo la traiettoria dell’Apollo 13, pronto per ammarare infine in quel mare di liquidità che è in procinto di essere iniettata sui mercati. E, preludio a tutto ciò, ritroviamo la coerenza in un movimento puramente risk-off: as of writing, Italia a -3.9%, BTP in allargamento brusco su tutta la curva (2 anni a +37bps intraday, 10 anni al 6.1% con spread vicino ai 500 punti base), Bonos spagnoli ai massimi storici per quanto riguarda il differenziale con il Bund e valuta comunitaria in strappo al ribasso, di nuovo sotto quota 1.22 rispetto al dollaro statunitense.

Dopo la celebre frase “Houston, we have a problem”, l’Apollo 13 rientrò sulla terra e, attraverso il famoso splashdown celebrato ai tempi, riuscì a portare in salvo gli astronauti della missione. E c’era qualcuno ad attenderli. Oggi, invece, chi può salvare i mercati “from drowning in the streams” dopo l’ammaraggio brusco di queste ore? Ritornano le preoccupazioni sulla tenuta fiscale in Spagna (dove le misure dell’ultimo pacchetto di austerità non è detto che riescano a mettere in ordine i conti di Madrid), c’è il timore che anche a Roma possano aumentare le difficoltà (visti i livelli attuali sul BTP e l’avvicinarsi di un periodo politicamente più incerto) e l’aritmetica di crescita continua a non soddisfare criteri base di sostenibilità: ovvero, siamo nuovamente entrati in zona-pericolo. Il ritorno di stress finanziari sui mercati può in realtà accelerare un processo che, dietro le quinte o più o meno palesemente, sta procedendo nelle direzione di un quantitative easing sincronizzato e collettivo da parte delle principali banche centrali dei paesi sviluppati. E, in primis, dalla Banca Centrale Europea (un altro LTRO? Un accordo per vincolare la liquidità data in prestito alle banche a impieghi reali nell’economia?).

Non è complicato: il mercato – e quindi gli operatori che lo compongono, ovvero imprese, lavoratori e sistema finanziario – ha bisogno di sentire che da qualche parte sta per essere preparato quel paracadute che può dare nuovamente serenità e tranquillità alla tradizionale pianificazione economica degli agenti privati. La Bank of England, la Swiss National Bank, la Bank of Japan, la Fed e la BCE hanno tutte modo di organizzarsi per offrire quell’antidoto al deleveraging forzoso che sta avvitando le nostre economie. Sono tre le parole chiave: inflazione, crescita e flussi. Rendimenti reali negativi possono infatti stabilizzare l’aritmetica fiscale pubblica, nonché incrementare il momentum di crescita economica (minori risparmi, minori costi finanziari e opportunity cost più interessanti nell’investire su altre asset class) e, infine, aiutare una riallocazione degli attivi degli investitori istituzionali verso classi d’investimento più produttive (ovvero, contrastare il deleveraging).

Sono tre aspetti che possono salvare la congiuntura e tenere insieme partner non così inclini ad aiutarsi a vicenda. In Germania stanno iniziando a comprendere di essere stati i principali beneficiari dell’Unione Europea, e di poter sostenere un tasso d’inflazione più elevato (si vedano Weidmann e Schäuble). In Italia potrebbe crescere l’esigenza in Monti di intervenire prima che si acutizzi ulteriormente la crisi: un accordo preventivo con la Troika potrebbe essere ad esempio un modo per “vincolare” de facto il Paese a un percorso obbligato di riforma strutturale (in cambio di risorse dalla BCE, id est, sotto forma di tetto allo spread).

Una sorta di “golpe tecnocratico” per evitare clamorosi e inopportuni impasse politici.

Non è qualcosa di premeditato, né da sottovalutare: mancano solo l’ispirazione giusta, o lo stress adeguato…

Lascia un commento